La mano invisibile non esiste
Quando si parla di mercati e di capitalismo selvaggio (o di turbocapitalismo internettiano), spesso si sente parlare della cosiddetta (e spesso maledetta) "Mano invisibile" che tutto muove. Questo concetto fu introdotto nel Settecento dall'economista che è stato uno dei pilastri della storia economica, Adam Smith.
"Ogni individuo si sforza di impiegare il proprio capitale in modo che il suo prodotto possa essere di grandissimo valore. Generalmente, non intende né promuovere il pubblico interesse, né sa quanto lo sta promuovendo. Si prefigge solo la sua sicurezza, solo il suo guadagno. In ciò è guidato da una mano invisibile per prefiggersi un fine, che non ha nessun interesse della sua intenzione. Perseguendo il suo interesse spesso promuove quello della società più efficacemente di quando realmente intenda promuoverlo".
- Adam Smith ne "La ricchezza delle nazioni", 1776
Questo, sinteticamente, il pensiero economico di Adam Smith. Dal punto di vista quantitativo, alla base delle teorie di Smith vi è il "Teorema della mano invisibile". Tale teorema sostiene che, in condizioni di equilibrio concorrenziale, valgono le seguenti conseguenze:
• La produzione consente di offrire tutte quelle merci che i consumatori domandano.
• I metodi produttivi sono quelli più efficienti.
• I prezzi pagati sono i più bassi possibile.
Tuttavia Smith non ha mai dimostrato né che quell'equilibrio esiste, nè che è stabile. Anzi, a distanza di due secoli, l'economista Herbert Scarf ha matematicamente dimostrato l'inesattezza di questa teoria. Tramite una generalizzazione del metodo ad insiemi di vettori ad n dimensioni, e basandosi sugli risultati del teorema di Arrow, l'economista Herbert Scarf ha mostrato, nel 1962, l'inesistenza della mano invisibile per mercati con più di due beni i cui prezzi siano interdipendenti.
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