Net Sourcer

Il blog di Alessandro Palmisano



mercoledì, febbraio 04, 2009

Facebook: chi paga il conto? Noi.

Oggi arriva una prima, probabilissima risposta alla domanda: come guadagna(-erà) facebook?

È la sorella di Mark Zuckerberg, Randi, a rivelare tra le righe la prossima mossa di facebook, in un'intervista pubblicata dal Sunday Telegraph.

Pare che le multinazionali siano letteralmente affamate dei dati su usi e costumi degli "abitanti" del social network; e siccome non è una bolla di sapone chiamata Second Life, ma si tratta di gusti e abitudini reali, espresse da persone in carne ed ossa e registrate ormai da tempo nel Database dell'azienda, la posta in gioco è molto alta. E il denaro è vero.

Cedere alle aziende le informazioni chiave su 150 milioni di iscritti potrebbe rivelarsi un affare d'oro per il social network californiano, nonché la prima voce di ricavo per il suo conto economico che, come visto in questo post, non è propriamente entusiasmante.

Ma potrebbe diventarlo a breve, brevissimo. Basta trasformare questo fenomeno di costume in una sorta di Grande Fratello del marketing che non sarà altro che uno strumento per lanciare in tempo reale, 24 ore al giorno, poll e ricerche di mercato. A 360 gradi, multilivello, scremate per stato civile, età, lavoro, interessi, musica, devianze sessuali. Mentre ci viviamo tutti un po' dentro, ebbri collettivamente in uno status di "social overload".

Del resto, da un lato i costi aumentano: Deloitte ha stimato che, solo nel 2008, le spese di hosting per ospitare i nuovi contributi audio-video degli utenti, sono aumentate di oltre 100 milioni di dollari.

Dall'altro, gli inserzionisti che hanno tentato di utilizzare i social network come strumento promozionale sono rimasti tutt'altro che soddisfatti dal ROI di queste campagne. Dati IDC rendono conto che solo il 57% di chi ha cliccato su annuncio all'interno di un SN ha in seguito effettuato almeno un acquisto on line nel corso dell'anno, contro quasi l'80% nel caso di banner tradizionali o annunci di paid-search.

Facebook è uno strumento che, se usato con parsimonia e intelligenza, offre a ciascuno grandi possibilità di "life-sharing"; personalmente mi auguro che il management dell'azienda sia intelligente al punto da offrire anche una versione premium dove, dietro un abbonamento mensile, si abbia la possibilità e il diritto di mantenere i dati sensibili al sicuro e a non avere l'assillo dei sondaggi.

E voi, siete pronti a barattare le vostre informazioni e ricevere pubblicità targetizzata in cambio di un servizio gratuito?

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lunedì, febbraio 02, 2009

Parole digitali

Non bloggavo da un po' per mancanza di tempo. Ma in questi giorni non ho potuto fare a meno di notare come il traffico su queste pagine sia aumentato del 35%. Il motivo pare essere essenzialmente dovuto a un interesse, sbucato fuori all'improvviso, verso il modello di business di facebook. 

Parole chiave come "quanto guadagna facebook?" piuttosto che "ricavi facebook" sono diventate molto gettonate secondo il mio Google Analytics, e il post di novembre al riguardo pare soddisfare la curiosità di molti.

L'argomento è vasto, attuale e molto interessante: non nascondo la voglia di scriverci su un report più approfondito, piuttosto che realizzare un piccolo e-book sul tema, tuttavia le ore del giorno sono 24 e, per ora, vi rimando al nuovo e-Book di Marco. Che sul suo blog si occupa di contenuti e comunicazione, ma in questo libro elettronico ci parla di come dare una forma migliore ai nostri testi con il word processor più diffuso.


PS: per i fan della mia Laurea in Marketing sine die: siamo a quota meno tre; per il 2011 dovremmo farcela. Forse. :)

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martedì, novembre 25, 2008

Evento Ruling Companies

Ieri sono stato ospite della Ruling Companies Association, che ha realizzato un incontro con Don Tapscott, l'autore del vendutissimo libro Wikinomics- La collaborazione di massa che sta cambiando il mondo. La parola d'ordine per attuare questo tipo di collaborazione nell'era del web 2.0 è auto-organizzazione. E  Tapscott individua 4 driver, consigliati alle imprese, per il cambiamento:

• Social production

• Essere aperti

• Condividere

• Agire in modo globale


Ho realizzato un riassunto dello speech per ilMac.net. Lo trovate qui.

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sabato, novembre 15, 2008

Facebook: chi ci guadagna?

Come noto, all'incirca un anno fa Microsoft ha acquistato una partecipazione in facebook pari all'1,60% del capitale, pagandola 240 milioni di dollari. Ciò implicava una valutazione implicita dell'azienda pari a 15 miliardi di dollari.

A settembre 2007 esprimevo le mie perplessità sulla cifra pagata.

Da più parti però si tendeva a giustificare l'operazione per due motivi: il primo era che l'accordo comprendeva anche l'appalto per gestire la pubblicità on line del social network; il secondo, che si trattava di un'operazione a scopo preventivo. Ossia che il gruppo di Redmond acquisiva una partecipazione strategica; piazzare una bandierina sulla creatura che cresceva rapidamente avrebbe potuto garantire un futuro diritto di prelazione de facto per il colosso guidato da Ballmer.

Cosa è cambiato nel giro di un anno?

Sicuramente facebook ha vissuto un anno di crescita, specie nel nostro Paese. Ma molti casi di violazione della privacy o intrusioni scomode a livello sociale, in queste settimane stanno determinando una progressiva disaffezione al sito da parte di un certo numero di utenti. Il movimento "anti-facebook" è una sparuta minoranza, ma c'è.

Notizia di pochi giorni fa: alcuni pacchetti azionari di minoranza di facebook sono passati di mano (in transazioni private, dato che non è quotata) tra investitori a prezzi che attribuiscono un valore implicito all'azienda di soli 4 miliardi di dollari.

Il 73% in meno di un anno fa. In parte, il valore di queste azioni passate di mano di recente è inferiore a quelle comprate da Microsoft poiché le prime si tratta di common stock, mentre quella acquistate dal colosso del software sono azioni privilegiate, ossia che, in caso di liquidazione dell'azienda, prevedono il rimborso preferenziale del capitale investito: MS viene rimborsata e poi, quel che resta, viene diviso tra tutti gli altri azionisti. Tuttavia, le azioni privilegiate, tipicamente non hanno mai un premium price superiore al 5-10% rispetto ai titoli ordinari.

Ma se la valutazione di fatto attribuita a questo social network da chi ci investe capitale è calata di oltre due terzi nel giro di un anno, bisognerebbe porsi delle domande.

Come sta andando facebook?

A me ricorda molto da vicino le start-up varie e gli ISP che venivano quotate al Nasdaq nel 2000 senza un solido business plan alla base di tutto. La regola era: ottieni fondi dai venture capitalist, investi in adv, ottieni più utenti che puoi, quotati in Borsa, fai uscire i VC con laute plusvalenze, investi di più in adv con il denaro ottenuto, e poi spera di avere un ROI positivo. Sappiamo bene poi come è finita.

Ma prendiamo i numeri di facebook.

- I ricavi del 2007 sono stati pari a 150 milioni di dollari.

- Le previsioni per il 2008 si situavano nel range 300-350 milioni

- La fine dell'anno si avvicina e pare che l'obiettivo non sarà rispettato. Per l'anno in corso i ricavi non supereranno infatti quota 265 milioni

Di più: il 2008 dovrebbe chiudersi con un cash flow negativo di oltre 100 milioni di dollari, a causa dei forti investimenti per potenziare la struttura informatica (server, connessioni e compagnia bella). Perchè, si sa, un aumento degli utenti implica la necessità di maggiori risorse informatiche e tlc, ma l'aumento di utenza sta davvero portando alla società guidata da Zuckerberg un aumento di ricavi? O meglio, l'attuale, giovanissimo management saprà creare un business model concreto e sostenibile per facebook?

Al momento, i numeri, non ci danno un quadro positivo della situazione.

Quello che si sa è che i ricavi di facebook, per ora, provengono unicamente dagli annunci pubblicitari pay-per-click, che hanno fatto la fortuna di Google, ma che su FB (stando alla mia esperienza personale, ad informazioni raccolte e a confronti con vari responsabili marketing) non danno molte soddisfazioni in termini di ROI.

Perché se è vero che una delle caratteristiche peculiari di facebook è la sua innata potenza virale, che può fare la fortuna dei PR di eventi, è altrettanto vero che i click ricevuti dagli annunci pagati dagli inserzionisti non sono di qualità tanto buona quanto quelli di Google AdWords. E il motivo, è anche banale: mentre l'annuncio di ricerca su Google compare nel momento in cui l'utente, proattivamente, sta cercando un prodotto o servizio al quale è interessato, su FB, la pubblicità si pone in un contesto ludico e ricreativo per l'utente. Nonostante una possibile targetizzazione del messaggio per età, sesso o interesse, il navigatore difficilmente abbandonderà il suo momento ludico per lasciarsi trasportare in un sito di e-commerce e concludere un acquisto.

Chi paga?

Il guaio è che sulla caratteristica peculiare di questo social network, ossia la viralità, l'azienda stessa non guadagna un centesimo dal punto di vista strettamente monetario. È tutto un grande circolo virtuoso che si conclude con una crescita sempre maggiore del numero di utenti iscritti e della brand awareness. Cosa che sta portando sempre più costi ma non più ricavi. E come ci ha insegnato la bolla.com, alla fine o pagano pochi utenti premium per tutti, o pagano tutti oppure paga la pubblicità.


Cosa può succedere?

Per il prossimo biennio prevedo due scenari altamente probabili.

1. Servizi a pagamento.
Facebook potrebbe introdurre una serie di azioni a pagamento. Ad esempio ogni utente potrebbe poter caricare al massimo 5 album di foto, per averne di più si potrebbe dover pagare. Oppure la stessa logica potrebbe essere applicata ai gruppi: gratis fino a 20 membri, oltre questa soglia, a pagamento. Una soluzione di questo tipo avrebbe l'indubbio vantaggio di razionalizzare le risorse e, con ogni probabilità, di ridurre il numero di gruppi totalmente futili. Oltre a costringere alcuni spammer all'esborso.


2. Microsoft ingloba facebook.
Facebook ha una posizione dominante nel mondo dei social network, ma potrebbe avere una crisi di liquidità nei prossimi 24 mesi. MS, al contrario, dispone di un enorme ammontare di liquidità e sta tentando di entrare in questo mercato con un nuovo Windows Live
Nel momento in cui facebook dovesse trovarsi in guai seri, immagino uno Steve Ballmer capace di rilevare la totalità dell'azienda a prezzi da saldo. E poi, ovviamente, passare al punto 1, per ripagarsi l'investimento.



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Avvocato? Oggi è anche pay per result


Se Google AdWords ha rivoluzionato il mondo della pubblicità on line, introducendo il concetto pay-per-clic, l'idea del Network Legale Sgromo potrebbe fare da apripista, anche in Italia, al concetto di Avvocati-Imprenditori.

Come funziona? In sintesi: se il cliente va in causa, dopo il pagamento di un basso costo fisso, gran parte della parcella è determinata in base ai risultati che si ottengono con la causa. Diventando un costo variabile.

Tutto ciò crea sicuramente un duplice vantaggio per i cliente. Da una parte spenderà una cifra complessivamente bassa nel caso di esito negativo o scarsamente producente della causa. Dall'altro, sicuramente motiverà di più il professionista a dare il meglio, visto che l'onorario viene legato al risultato.

Sono venuto a conoscenza dell'esistenza di questo network, da pochissimo, mediante annuncio testuale su facebook. E devo dire che ci ho cliccato con una certa aspettativa, mista a un senso di curiosità. Se uno studio legale si pubblicizza su un social network, sa senz'altro il fatto suo in termini di web marketing e comunicazione, ho pensato.

Aspettativa, dal lato mio, non delusa. Non si tratta di uno studio legale classico, ma di un network di professionisti specializzati in vari rami legali, e dislocati in diverse città italiane. E con i quali ci si può mettere in contatto in vari modi: dal classico numero verde, al form mail (con consulenza personalizzata anche in 48 ore via mail), all'appuntamento in loco.

Un servizio di questo tipo, a mio avviso, intercetta un'enorme domanda latente: la domanda di tutte quelle persone che hanno una certa avversione a prendere la decisione di recarsi presso uno studio legale. I motivi, variegati: spesso l'avvocato viene visto come fonte di ulteriori problemi, ci si immagina subito immersi in cause senza fine e - last but not least -  con costi che rischiano di provare la propria serenità finanziaria. Tutto ciò genera un'ansia talmente forte che l'inerzia finisce per vincere.

Questi professionisti dimostrano di voler mettersi in gioco, come avvocati e come imprenditori, e lo fanno sfruttando al massimo le potenzialità che la Rete offre, "mettendoci anche la faccia". Nei video esplicativi, infatti, l'Avvocato Sgromo (promotore dell'iniziativa) diventa testimonial di se stesso, avendo quindi compreso che la vendita di servizi legali on line è una faccenda delicata e che occorre anzitutto ottenere la fiducia del potenziale cliente.

Un blog e la possibilità di iscrizione al Feed RSS completano una web promotion coi fiocchi, dimostrando che l'unione tra Old e New Economy è possibile e, quando ben fatta, può creare situazioni win-win. A vantaggio di tutti e di un Paese che ha bisogno di cambiare, di innovarsi e di rinnovarsi. 

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venerdì, ottobre 17, 2008

Social Network Overload - La sbornia è solo momentanea

Dapprima il web ci ha dato un'enorme mole di informazioni disordinata su praticamente tutto lo sciibile umano; poi sono arrivati i primi motori di ricerca, a fare ordine: Yahoo, Altavista, poi Google. A quel punto le informazioni ordinate erano tante, tantissime, troppe, e si è parlato più volte in passato di information overload. Bisogna scremare, filtrare, discernere; un motore di ricerca come Google non ha ancora l'intelligenza necessaria per poterlo fare. Si usa ancora l'intelligenza umana, sotto forma di professionisti del web.

Parliamo ora di social network. Nel giro di tre anni sono spuntati come funghi, ma i poli sono sostanzialmente tre: Facebook, mySpace e LinkedIn. Ora, siti come questi dovrebbero servire per fare networking, ritrovare ex compagni di banco, parlare con persone che hanno interessi affini ai nostri. Tutto ciò accade sicuramente ed è uno dei piccoli grandi miracoli della Rete, ma il vero problema è che avviene "in eccesso". Si finisce per aggiungere chiunque, quello visto alla festa, l'amico dell'amica della cugina etc. etc. senza mai poi parlarci. Si finisce con l'aprire gruppi di discussione talmente di sottonicchia che ci sono solo tre persone e due post: magari per festeggiare il gatto che ha fatto miao. Aggiungi anche il gatto.

Se io che, su facebook, ho all'attivo (si fa per dire, anzi devo fare un po' di pulizia) meno di 80 contatti e sono iscritto a una decina di gruppi, ricevo quotidianamente 10-15 e-mail, più un'altra decina di notifiche varie, già faccio fatica a starci dietro, non oso pensare alla mole di informazioni e di "stimoli sociali" che ricevono persone che possono "contare" su 400-500-600 contatti.

E credo che i casi siano due: o sono persone che non hanno di meglio da fare tutto il giorno, oppure sono persone che usano facebook per farci business e pagano qualcuno per gestire la loro identità virtuale. Ma sono in pochi a saperlo usare bene. Ultimamente il numero di spammer cha aggiungono ai contatti tutto-e-tutti per promuovere la loro attività sta diventando insopportabile.

Ancora: apprezzo i raduni dei forum di nicchia; incontri offline persone che condividono i tuoi stessi interessi. Che senso hanno i mega-raduni dei social network dove si presentano 5.000 persone? Forse qualche banconota da cento per gli organizzatori e qualche zero il più per la location ospitante, certo.

La prima volta che usi facebook credi di avere un forte senso di controllo sulle tue relazioni sociali; dopo qualche mese ti accorgi che in realtà non fa altro che aumentarne l'entropia.

Credo che l'eccesso si correggerà da solo nei prossimi anni...

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sabato, ottobre 04, 2008

Apple, ovvero il modo migliore per entrare in una recessione

Il piano anticrisi USA è passato sia al Senato che alla Camera. Con questa manovra, il Governo metterà a disposizione circa 850 miliardi di dollari per rendere più lieve la recessione inevitabile alla quale stanno per andare incontro gli Stati Uniti (e il resto del mondo) a seguito dell'effetto subprime.

Quali gli impatti su Apple che, dalla fine del 2002, in Borsa, non ha conosciuto declini, passando da un valore di 7 a quasi 200 dollari? Sicuramente la crisi causerà un rallentamento dei consumi, come è classico nelle recessioni. Ma impatti duraturi sull'azienda? Quando arriva una forte recessione, una società è già tanto se resta sul mercato senza essere spazzata via. Sebbene per una realtà multinazionale come Apple questo discorso valga meno, diciamo che la casa di Cupertino ha un vantaggio competitivo che in questa fase molti, moltissimi vorrebbero avere.

Questa volta non parlo della solita e notissima superiorità del prodotto, di una forte brand awareness o di un CEO illuminato che fa la differenza. Parlo di cash, di liquidità. Le casse di Apple dispongono della bellezza di 20 miliardi di dollari circa, tra depositi e investimenti a breve termine. 20 miliardi, da noi ci si fanno 2-3 manovre finanziarie.

Sono anni che analisti ed esperti si domandano come Apple investirà una simile mole di danaro sonante. "Un'acquisizione di software, anzi no un social network, anzi no un concorrente, e perché no un dividendo?" sono ipotesi più o meno campate per aria che da anni circolano tra i siti specializzati.

La realtà è che il denaro contante potrà servire come risorsa strategica per affrontare con serenità trimestri duri, mesi di pareggio o magari di perdita, per continuare a finanziare Ricerca e Sviluppo ai massimi livelli, evitando di tagliare teste pensanti; potranno servire per continuare a investire in marketing e nel trade in periodi neri, durante i quali gli investimenti dei concorrenti si ridurranno a una frazione rispetto ad oggi. E potranno sicuramente servire per acquistare merce in quantità dai fornitori di elettronica a prezzi stracciati.

Il capitale è un fattore di produzione che, per la prima volta dal Dopoguerra, non è mai stato così scarso quanto oggi: le banche stesse non si fidano a prestarlo. È notizia di oggi che Unicredit domani terrà un CdA straordinario per decidere di erogare un dividendo azionario piuttosto che monetario; i 3 miliardi di euro di utile distribuibile saranno conservati per rafforzare il patrimonio societario. Si preferisce diluire la proprietà, decisione quasi storica.

Apple è arrivata all'inizio di questa recessione avendo accumulato in quantità un fattore oggi scarso.

Oggi un'azione Apple vale 97 dollari, con una capitalizzazione di mercato di 86 miliardi di dollari. Fatte le debite proprorzioni, significa che ogni azione incorpora un valore monetario di 22,30 $. Ancora non siamo ai minimi sicuramente. Ma presto tornerà ad essere un titolo appetibile da acquistare: al di là di quanti iPhone o Mac si venderanno a Natale e nel prossimo semestre, mi aspetto che nei prossimi 3 anni farà meglio del mercato.

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giovedì, settembre 18, 2008

L'anno nuovo comincia a settembre (anche quest'anno)

E' già passato un anno da un post con il titolo identico. L'intensità lavorativa ha sicuramente causato il crollo del numero di post in questo blog che i pochi, fidi lettori lamentano. Eccomi a fare il solito bilancio di questo posto che, ormai, ha 3 anni di vita.

Dopo aver completato la fase di start-up di BuyDifferent (di cui sono nel CdA), e aver partecipato alla liquidazione di un'impresa operante nel settore della finanza personale, nella seconda metà dell'anno mi sono dedicato allo studio di metodologie avanzate per acquisire clienti dal web.

Ho avuto la fortuna di conoscere da vicino metodi, know-how e tecniche utilizzate dai migliori web marketer attualmente operativi sul mercato nazionale ed estero. Certo, alcune cose possono essere poco ortodosse e controcorrente: quando ne parlo, molti addetti al settore restano perplessi, ma in realtà i risultati sono stati buoni, quasi in ogni settore. Ne abbiamo parlato all'ultimo incontro del cmi.

Con Marco sto seguendo l'evoluzione, o meglio la nascita, del mercato degli e-book in Italia. L'arrivo di iPhone e del Kindle by Amazon, sono convinto che ce ne farà vedere (o meglio, leggere) delle belle. Anywhere.


[Continua...]

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