Due chiacchiere con Guy Kawasaki
Articolo che ho pubblicato oggi su ilMac.net. Lo riporto qui, integrandolo con ulteriori considerazioni.
Ho avuto la possibilità di condividere qualche piccola riflessione con Guy Kawasaki, con il quale sono rimasto in contatto dopo aver recensito la versione italiana del suo best-seller "The art of the start". In plain text le mie personali riflessioni. In corsivo, invece, le opinioni di Guy.
Ho apprezzato molto il tuo libro. Particolarmente pragmatico, praticamente un manuale. Mirevole l'uso di lessico chiaro e diretto, senza troppi fronzoli. Dall'impostazione del testo, ma anche dai tuoi public speeches, è chiaro che non ti piacciono le perifrasi per esprimere le tue idee. Sicuramente questo libro può essere classificato come la "pecora nera" tra i tanti libri sul venture capital pubblicati qui in Italia...
Alessandro, mi fa piacere essere considerato una pecora nera. Mi piace questo posizionamento rispetto agli altri!
Nel tuo libro hai fatto spesso riferimento alla storia di Apple, dato che sei stato uno degli uomini chiave che hanno contribuito alla diffusione del Mac a livello planetario. Penso che se Steve Jobs e Wozniak fossero nati in Italia, il nostro sistema, la nostra politica fiscale, nonché il nostro establishment non avrebbe mai consentito loro di creare un impero miliardario partendo da un piccolo garage. La Guardia di Finanza avrebbe fatto chiudere loro "baracche e burattini" nell'arco di pochi giorni a causa della mancanza di licenze commerciali e autorizzazioni varie. Troppa burocrazia può davvero rompere quel flusso innovativo e creativo insito nello spirito imprenditoriale. Se abiti qui, e sei giovane lo senti a pelle. In Italia, costituire una società a responsabilità limitata arriva a costare 5.000-6.000 euro, cifre 10-20 volte superiori rispetto ai costi che si sostengono nei paesi anglosassoni.
Tutto ciò è la causa della mancanza del giusto terreno fertile e della forma mentis che è fondamentale per dare impulso ai nuovi e giovani talenti, coloro che vogliono vivere secondo il motto di Jobs "stay hungry, stay foolish". Quanto alle attività di venture capital, ti accorgi di come vi siano solide barriere tra le idee e i circuiti di accesso al capitale.
Non credo sia un caso che la maggior parte delle innovazioni di rottura (breakthrough innovations), come Google e YouTube abbiano trovato solo negli Stati Uniti il terreno fertile per nascere e crescere.
La mia speranza è che il Web 2.0 riesca a contribuire a creare più startup di successo anche in Italia. Questo tipo di iniziative, molto spesso, non richiedono poi enormi somme in termini di investimento iniziale. Pare che già qualcosa cominci a muoversi nello stivale. Un esempio, di queste settimane, è sicuramente www.duespaghi.it. Due ragazzi hanno intenzione di creare una sorta di "de.li.cio.us" dei ristoranti. Hanno intenzione di creare una guida on line che porti alla scoperta dei migliori posti dove poter degustare un pranzo o una cena, il tutto basandosi sulle preferenze personali dell'utente. L'intero processo è reso possibile grazie ad un reccomendation engine pilotato dalla users' experience.
In conclusione, Guy, vorrei chiederti cosa ne pensi circa l'eventualità dello scoppio della bolla del Web 2.0; secondo te, il fatto che queste imprese non corrano verso la quotazione in Borsa, come invece avveniva nel 2000, eviterà lo stillicidio finanziario che è avvenuto 6 anni fa?
Credo che sicuramente avremo una bolla del Web 2.0. Personalmente non credo che avere una nuova bolla sia un evento così negativo. Una volta che sarà scoppiata, alcune buone società saranno ancora lì, vive e vegete. Di sicuro la mancanza di quotazioni in Borsa da parte di queste imprese ridurrà il rischio di debacle finanziarie, tuttavia non riuscirà ad eliminarlo del tutto.
Insomma, una chiara visione di mercato che ristabilisce l'efficienza, facendo piazza pulita di tutto ciò che è marcio.
Esatto.
Grazie mille Guy, per questa chiacchierata.
Grazie a te per le belle parole sul mio libro. Spero che anche tu possa cambiare il mondo!
Certo che avere la benedizione di Guy Kawasaki non capita tutti i giorni. Vorrà dire che mi terrò un suo santino nel portafoglio... Ma se uno studentaccio di marketing fuoricorso come il sottoscritto può abbattere ogni barriera e fare quattro chiacchiere con uno dei più influenti venture capitalist del mondo, come se fossimo stati al bar, almeno per oggi, il mio pezzettino di mondo, l'ho cambiato. E vado a dormire più contento. ;-)